venerdì 27 maggio 2011

Dialoghi: sequenza tratta da "La ricotta"

Pier Paolo Pasolini nel 1963 gira La ricotta, un mediometraggio che racconta la messa in scena in chiave parodistica di un film sulla passione di Cristo. L’opera, considerata dissacrante dalle autorità religiose dell’epoca, è costata al regista l’accusa di vilipendio alla religione cristiana per la sua carica polemica nei confronti della sfera del sacro.

Il film narra la storia di Stracci, un borgataro chiamato a vestire i panni di un ladrone che sarà crocifisso accanto a Gesù; una comparsa che dirà solo una battuta. Non riuscirà a portare a termine il suo compito: morirà un attimo prima di pronunciare quelle parole tra la quasi indifferenza dei presenti, perché stremato dall’abbuffata di ricotta fatta tra una pausa e l’altra delle riprese.

La scena riportata vede come protagonisti il direttore del film (interpretato da Orson Welles) e un giornalista che, approfittando di un momento di pausa del set rivolge al regista alcune domande.


GIORNALISTA: Permette una parola? Scusi tanto, forse disturbo, sono del Paese Sera.

REGISTA: Dica, dica.

GIORNALISTA: Permette, vorrei da lei una piccola intervista.

REGISTA: Ma non più di quattro domande.

GIORNALISTA: Grazie. La prima domanda sarebbe: che cosa vuole esprimere con la sua nuova opera?

REGISTA: Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.

GIORNALISTA: …cattolicesimo. E che cosa ne pensa della società italiana?

REGISTA: Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.

GIORNALISTA: Ah, e che ne pensa della morte?

REGISTA: Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.

GIORNALISTA: Quarta ed ultima domanda: qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini?

REGISTA: Egli danza. Egli danza.

GIORNALISTA: Ah, grazie. Arrivederla.

REGISTA: Ehi! “Io sono una forza del passato”. E’ una poesia. Nella prima parte il poeta ha descritto certi ruderi antichi di cui nessuno più capisce stile e storia, e certe orrende costruzioni moderne che invece tutti capiscono. Poi attacca giusto così: “Io sono una forza del passato, solo nella tradizione, è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi dimenticati sugli Appennini e sulle Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro sulla Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone, o guardo i crepuscoli le mattine su Roma, sulla Ciociarìa, sul mondo come i primi atti del dopo storia cui io assisto per privilegio d’anagrafe dall’orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro più moderno di ogni moderno, a cercare fratelli che non sono più.” Ha capito qualcosa?

GIORNALISTA: Beh ho capito molto… giro per la Toscolana…

REGISTA: Scriva, scriva quello che le dico. Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio. E’ così?

GIORNALISTA: Beh sì.

REGISTA: Ma lei non sa cos’è un uomo medio? E’ un mostro. Un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista.

GIORNALISTA: Ehehem.

REGISTA: E’ malato di cuore lei?

GIORNALISTA: No, no, facendo le corna.

REGISTA: Peccato, perché se mi crepava qui davanti sarebbe stato un buon elemento per il lancio del film. Tanto lei non esiste. Addio.

Marco


Nessun commento: